venerdì 31 luglio 2020

Pandemia sociale, diseguaglianze e fragilità

La pandemia ha ampliato e amplificato le disuguaglianze sociali, le ha fatte emergere con più evidenza, assieme alle contraddizioni già presenti nella nostra società

In un altro mondo, in un tempo che non esiste più, alcuni osservatori – tra cui l’ISTAT - raccontavano di un Paese, il nostro, in cui la povertà assoluta stava, finalmente, diminuendo. Dopo quattro anni di costante aumento si erano ridotte – per la prima volta – il numero di quelle famiglie che non potevano permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile, 148 mila in meno rispetto al 2018, “pur rimanendo su livelli molto superiori di a quelli precedenti la crisi del 2008-2009”.

Ma quella era l’Italia pre-Covid-19. Oggi, a distanza di poche settimane dall’uscita di quei rapporti, tutto è cambiato, completamente. Di crisi in crisi. E ancora non conosciamo nel dettaglio i numeri e gli innumerevoli risvolti della “pandemia sociale” che si è abbattuta in Italia – dovremmo dire prima di flagellare il resto mondo. Possiamo però provare a tratteggiarne alcuni aspetti. A darci un quadro a tinte fosche di quello che è accaduto e sta ancora avvenendo ci sono, dapprima, i numeri relativi ai posti di lavoro persi. Secondo un rapporto presentato pochi giorni fa dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) l’impatto sul mercato del lavoro del Covid-19 è stato immediato. In pochi mesi i pochi progressi fatti negli ultimi dieci anni sono stati spazzati via in poche ore: nei 37 paesi OCSE il tasso di disoccupazione è passato dal 5,3% di gennaio all’8,4% di maggio. Tra i paesi più colpiti c’è il nostro, che in soli tre mesi ha perso 500mila posti di lavoro. A subire maggiormente gli effetti del Covid-19 sono stati, ovviamente, i lavoratori meno garantiti: i precari della gig-economy, i più vulnerabili a basso salario che non possono fare lo smart-working, quelli autonomi e a tempo parziale, le donne (soprattutto le donne) e i giovani: basti pensare che la disoccupazione giovanile è passata dall’11,2% di febbraio al 17,6% di maggio.