lunedì 30 dicembre 2019

Hate speech, serve una legge quadro

Quando l’odio (come il clima) surriscalda la ragione e raffredda il cuore.


Cosa hanno in comune Elvira Zanrosso, la signora di 68 anni indagata per le offese social a Mattarella e Liliana Segre, costretta alla scorta per le minacce ricevute? Apparentemente nulla. Forse il fatto di essere due signore, forse nemmeno tanto l’età, con quei vent’anni di differenza. Verrebbe da dire che sono poi su due fronti opposti, quello di chi odia e di chi (ancora) è odiato. Ma le cose sono un po’ più complesse di così. 

Sebbene la signora Elvira Zanrosso sia stata (sbrigativamente e semplicisticamente) definita dai giornali come la “nonna hater”, la sua non è una storia da “Arsenico e vecchi merletti”. È sotto processo al tribunale di Palermo, accusata insieme ad altre 30 persone di vilipendio al capo dello Stato per le offese scritte sui social: minacce di morte - neanche troppo velate - in riferimento all’omicidio del fratello Piersanti. E in che occasione poi? Post e commenti scritti dopo che Mattarella aveva (avrebbe) rifiutato Paolo Savona al ministero dell’economia. E, ancora, che cosa c’entra la Zanrosso con Paolo Savona? Perché una signora bene della borghesia bolognese era così dispiaciuta di questa “mancata nomina”, tanto da andare su tutte le furie e postare pubblicamente insulti sul Web? Davanti al magistrato ha risposto che lo ha fatto senza pensarci (questo è banale, dicono tutti così) ma ha aggiunto due cose interessanti: la prima è quella di riconoscersi, a sua volta, come “vittima”. Di cosa? Del clima di odio instauratosi in quei giorni nei confronti del capo dello Stato. Non occorre ricordare chi lo avesse fomentato, non è questo che ci interessa ora. La seconda cosa singolare detta dalla Zanrosso è la seguente: “Alla mia età ho capito veramente che cos’è la gogna mediatica”. 

domenica 29 dicembre 2019

Muri reali, muri digitali

Per le generazioni che vengono dopo, ogni separazione del passato appare insensata. Ma ciò non vale se si creano barriere virtuali e mentali che possono sopravvivere e avere conseguenze nefaste nel lungo corso della storia.

Certamente per ogni muro che cadrà altri se ne costruiranno. Oppure si lavorerà di più e meglio nel tentativo di bloccare ogni possibile corridoio di ingresso, sia esso via mare o via terra. Come se le migrazioni fossero delle fastidiose perdite di acqua da tappare. Non si può dividere il cielo, è il titolo di un bellissimo libro di Gianluca Falanga che racconta la vita del muro di Berlino a partire dalle storie di chi lo ha subito. Perché senza le vite spezzate di Conard, Ida o Olga, morti nel tentativo di attraversarlo, quel muro nella nostra memoria non esisterebbe più.

In un altro continente, due bambini Guineani, Yaguine Koita e Fodé Tounkara si erano convinti che il cielo, senza barriere, li avrebbe portati in Europa dall’Africa. Furono ritrovati morti assiderati, il 29 luglio 1999, nascosti nel carrello di un aereo che, partito da Conakry, capitale della Guinea, atterrò a Bruxelles, in Belgio. Con loro avevano una lettera, scritta in francese, che venne pubblicata dai media di tutto il mondo. Non sapevano che quel cielo, reso freddo e gelido dall'indifferenza dei ricchi europei, li avrebbe uccisi.