Alcuni studi disponibili suggeriscono che le donne sono colpite da forme “virtuali” di violenza in misura sproporzionata rispetto agli uomini. Tutto questo avviene mentre l’accesso libero ad Internet è ormai considerato una necessità per il raggiungimento del benessere economico e sempre più come un diritto fondamentale. Eppure, il dibattito sulla necessità di garantire che questo spazio pubblico digitale sia un luogo sicuro e di emancipazione per tutti, comprese le donne, appare scarso e poco documentato.
Al di là degli ambiti (politica, famiglia, mondo del lavoro) la violenza on-line contro le donne assume caratteri e fenomeni che appaiono tanto trasversali quanto poco conosciuti nei loro aspetti specifici. Tra di essi, il più noto, è certamente il cyberstalking. Lo stalking (dall’inglese to stalk, camminare in agguato), come è noto, comporta episodi ripetuti che minano il senso di sicurezza della vittima e provocano angoscia, paura o allarme. La versione cyber dello stalking contempla l’invio ripetuto nel tempo di e-mail, sms o messaggi istantanei offensivi o minacciosi, la pubblicazione di commenti offensivi su Internet e la condivisione di fotografie o video intimi su Internet o tramite telefono cellulare.